sabato 25 giugno 2016

L'eredità

“Schwanden, quando chiedi ad un bambino cosa vuol far da grande, il bambino ti dà la risposta definitiva per l'adulto felice che diventerebbe. Eppure non lo stai ad ascoltare. Ridacchi e pensi che cambierà idea cento volte prima di decidere. In realtà è l'adulto che fa cambiare cento volte idea al bambino finché egli non si uniforma e dà una risposta sensata per la società e il mercato del lavoro.
Eppure io avevo già capito tutto da bambina della scuola elementare. Avevo già capito che il mio talento era la scrittura creativa e non la matematica. Avevo già capito che un lavoro e una vita ordinaria non erano congeniali al mio essere. Avevo già capito che ero una ribelle. Però mi confondevano le ottime valutazioni scolastiche che ricevevo in tutte le materie. E allora studiai ciò che era più richiesto, ignorando il fatto che a ciò che richiedevano dovevo dare io una risposta e forse non ero la persona più adatta a farlo. Ne ho già parlato. Non voglio ripetere.
Ti dico solo che se avessi studiato ciò che meglio valorizza il mio talento, magari sarei disoccupata lo stesso, ma perlomeno forse saprei come muovermi per uscirne, conoscerei meglio il settore e chi ci lavora. Invece conosco solo gente che ha fatto carriera nel settore che ho volontariamente abbandonato dopo la laurea e gente che continua come ricercatore nel settore da cui sono uscita per maternità. Schwanden, ho smesso di far statistica, e non ne ho sentito la mancanza. Ho smesso di scrivere e mi son sentita privata di tutto.
A volte mi sento fallita. Tutti i titoli che posseggo non solo non mi fruttano interessi, ma hanno pure perso il loro valore. Schwanden, non c'è peggior gestore finanziario di colui a cui non interessa il denaro.”

“La parola giusta è ribelle e non fallita, intanto. Non hai fallito come professionista, ma ti sei ribellata ai modi e alle condizioni imposte alla professione. Hai solo detto che non era l'ideale per te e ti sei dileguata. E' vero che fai fatica a trovare impiego perché sei anticonformista e non riesci a fingere di esser diversa, ma è anche vero che una volta assunta non hai mai deluso nessuno, a parte per la tua indisposizione ad essere asservita. Penso che potrebbero assumerti anche in Svizzera se tu lo volessi. Ma poiché preferisci un lavoro nel “sociale”, ma non hai la qualifica, allora ti impieghi a casa, auto-remunerandoti, e ti prendi cura di tua figlia. Penso che sei molto fortunata. Quello che ti sto offrendo qui davanti ai tuoi occhi è un paradiso.”

“Schwanden lo so, io mi sento in pace qui.”

“E allora, cos'è che non va?”

“Schwanden, quando mi chiedono cos'è che non va, la prima risposta che sarei tentata di dare è: tutto. Sono io che non vado: ho un pessimo carattere, il portamento “alticcio” e la bassa statura, non seguo le mode, i luoghi comuni, non mi piace fare shopping, sono trasandata, e quando mi vesto elegante appaio lo stesso come uno sputo in un occhio conformista, parlo poco o troppo a seconda delle situazioni, non so fingere, non guardo le vetrine, non sono aggiornata sulle offerte commerciali o sulle notizie che interessano la massa …
Schwanden, alla luce di queste considerazioni, alla domanda cos'è che non va però ti rispondo “nulla”. Schwanden, cos'è che deve andare e dove deve andare? Chi dice che dovrei essere diversa? Altrimenti non sarei io, altrimenti non vivrei la mia vita, ma un'altra vita. Anche se fossi malata la risposta sarebbe comunque che nulla non va. Già, chi dice che bisogna essere sani per poter vivere? Chi dice che deve andare sempre tutto bene? Chi dice che dobbiamo evitare di soffrire? Le giornate alla fine trascorrono lo stesso. A volte una sofferenza temporanea ti arricchisce di più nell'animo rispetto alla monotonia quotidiana. Si chiama vita. Certo, malattia, sofferenza, imprevisti sono tutte cose che ci distraggono dalla routine, che riducono la produttività e ci allontanano dal lavoro. Ma vivere non vuol dire essere sempre operativi, efficienti. Non siamo macchine sempre in funzione anche se accese. E poi la vita è come ricevere un'eredità. Se l'accetti, ti accolli sia i crediti che i debiti, le attività e le passività. Ci sono eredità più fortunate, altre meno, più corpose o più magre. Ma cosa importa? Ciò che abbiamo è ciò che dobbiamo valorizzare. E' la nostra vita e dobbiamo farne tesoro. Paghiamo i debiti e riscuotiamo i crediti perché riceviamo il tutto, ne diventiamo padroni e quindi responsabili. Ne assumiamo i rischi e ne godiamo i frutti. Se ricevessimo soltanto una parte, un legato, un bene, è come se qualcuno ci donasse solo un bel giorno di vita. Un bel ricordo, certo, ma nulla più. E invece no. Subiamo le sofferenze, ma possiamo ridere oggi e continuare a farlo domani. Paghiamo i debiti, per garantirci la continuità.”

“Sei sempre la solita ragioniera in fin dei conti.”

“Cerco di dare giustificazione filosofica ai miei studi.” 

“Quindi sei contenta della tua eredità, della situazione familiare svantaggiata da cui sei partita? Dei valori che ti ha trasmesso?”

“Certamente, anche se da quando son ritornata da Londra sembra che dietro l'accettazione di questa eredità ci sia una maledizione.”

“Una maledizione? Sei la reincarnazione di Bordel?”

“Schwanden, ti riferisci alla male-dizione di Baudelaire, il poeta maledetto? Se fai lo spiritoso, faccio la tua male-dizione o la tua storpiatura, ti faccio prima oscillare in Schwangen (che in tedesco vuol dire oscillato) e poi in Schwanger (in tedesco incinta) e ti faccio partorire un bel boschetto.”

“A parte gli scherzi e i giochi di parole, che cosa sarebbe questa maledizione?”


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